Days Gone è senza dubbio una delle esclusive PlayStation 4 che ha maggiormente diviso gli appassionati. Tra coloro che lo adorano, chi lo considera sottovalutato e quelli che, invece, lo condannano senza attenuanti, rimane uno dei videogame più giocati e discussi dell’ultimo anno. Per chi si chiedono se ne valga la pena comprarlo, questo è il periodo migliore per prendere una decisione, perché sia su Playstation Store che nei negozi online, Days Gone si trova a prezzi concorrenziali. Amazon, per esempio, lo offre a 30 euro mentre su PS Store si trova a poco più di 20 euro. Un’occasione così ghiotta non può essere ignorata, per cui se avete voglia di divertirvi tra zombie, avventure, battaglie, agguati e quanto di peggio possibile in un mondo distrutto e in mano a orde di mostri, fatevi avanti e acquistatelo. Non ve ne pentirete. Parola di Deacon St. John.
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giovedì 30 luglio 2020
domenica 7 giugno 2020
"DAYS GONE" TORNA TRA I VIDEOGIOCHI PIU' VENDUTI
Dopo oltre un anno dalla sua uscita, Days Gone continua a macinare numeri e anche grazie alle offerte proposte durante i giorni dei “Playstation Days of Play” è tornato a scalare la classifica dei giochi più venduti. In particolare, si è piazzato al terzo posto in classifica dei titoli più venduti in Italia, alle spalle di Animal Crossing e Fifa 20 e al sesto posto nella classifica dei titoli più venduti nel Regno Unito dal 23 al 30 maggio.
UN ANNO DI "DAYS GONE": TUTTI I NUMERI DEL VIDEOGIOCO BEND STUDIO
Il 26 aprile 2020, in occasione del primo compleanno di Days Gone, Sony Bend ha pubblicato dall’account ufficiale di Twitter tutti i numeri registrati dal gioco in un anno. I dati hanno dimostrato quanto Deacon e compagni siano stati amati dagli appassionati, tanto che le ore giocate in 365 giorni, sono state circa 200 milioni. Il numero dei trofei sbloccati è stato di 100 milioni, mentre le orde di furiosi affrontate si sono attestate sui 45 milioni. Le imboscate sono state 30 milioni e le infestazioni 32 milioni. I giocatori hanno esplorato circa 30 milioni di siti della NERO, mentre hanno visitato 342 milioni di accampamenti. La moto di Deacon è uno degli strumenti più importanti per muoversi nell’Incubo, così i crediti spesi per ripararla, sono stati 8 miliardi. Gli oggetti recuperati da Deacon in giro per le strade dell’Oregon, sono stati 655 milioni, mentre le sfide completate dai giocatori sono state 12 milioni e mezzo. Infine, Sony Bend ha calcolato in 42 mila i giorni giocati in tutto il mondo. Numeri da capogiro che hanno fatto e stanno facendo, ancora oggi, di Days Gone uno dei più grandi successi della casa di produzione. Ora non resta che attendere eventuali sviluppi, sia in merito a DLC che, naturalmente, al secondo capitolo.
"DAYS GONE", OVVERO L'AMORE ALLA FINE DEL MONDO
Al di là degli aspetti tecnici, della grafica e del game play, Days Gone è, innanzitutto, una storia e come tale possiede un tema verso cui tutti gli eventi e le avventure che coinvolgono i protagonisti tendono a ritornare: l’amore.
Il videogioco targato Bend Studio, infatti, non è da collocare soltanto nel genere horror o post apocalittico o, ancora, action, ma va molto più a fondo, regalando sì ore di divertimento e azione, ma esplorando anche, e soprattutto, la forza che, al mondo, tutto muove, ovvero l’amore.
Quello raccontato in Days Gone, però, non è il solito amore a cui letteratura e cinema ci hanno abituato, fatto di buoni sentimenti e personaggi senza macchia.
In questo senso, infatti, già il mondo videoludico in generale ha sempre provato a cambiare gli stereotipi, offrendo nuove letture e innovative interpretazioni dei classici canoni narrativi.
E Days Gone non fa differenza, offrendo sì agli appassionati una storia, per certi versi, già vista, ma che non si rivela mai noiosa o ripetitiva e che, soprattutto, è molto coinvolgente.
Fin dalla presentazione dei personaggi principali, si capisce quanto l’approccio degli autori sia diverso rispetto a quanto visto in passato: il protagonista, infatti, è un biker, un motociclista, ex militare ed ex galeotto, ricoperto di tatuaggi e con le mani piene di anelli sgargianti.
Un duro a tutti gli effetti, uno che si è macchiato anche di atti riprovevoli e che non dovrebbe neppure conoscere il significato di parole come “sentimento” o, ancora peggio, “amore”.
La forza di Days Gone sta proprio qui, nella volontà di andare oltre l’aspetto fisico dei protagonisti e il loro know how che mai come in queste ultime settimane si sono dimostrati capaci di condizionare il mondo (i tragici fatti di Minneapolis e la morte di George Floyd lo dimostrano).
Le avventure di Days Gone superano questi limiti tipicamente umani, andando a fondo nei tormenti dei protagonisti e nella loro anima squarciata da ricordi, angosce, rimorsi e speranze.
Così, piano piano, missione dopo missione, scopriamo che Deacon St. John non è affatto un mascalzone, ma un uomo buono, la cui vita è stata terribilmente segnata dall’esperienza al fronte iracheno, portandolo a scelte delle quali non va più fiero.
È anche, però, un uomo pieno di speranza e lo è per un solo motivo: perché è innamorato di sua moglie Sarah, una donna che ha provato a salvare, ma di cui non ha più notizie da due anni.
Tutto lascerebbe pensare che sia morta, che sia entrata a far parte di quell’innumerevole parte del genere umano sterminato dai furiosi.
Eppure, dentro di sé, Deacon cova e nutre una piccola fiamma di speranza che arde ogni giorno, senza mai spegnersi, perché essere sopravvissuto a un’epidemia che ha devastato il mondo deve pur significare qualcosa, perché fin quando la vita non ci mette davanti alla realtà, le cose possono sempre cambiare.
Nonostante le dinamiche videoludiche di Days Gone seguano il canovaccio classico del viaggio dell’eroe, letto e visto tante volte in libri e film, Bend Studio ci ha regalato una storia pregna di speranza e amore.
Personaggi come “Iron” Mike rappresentano non solo la voglia e il dovere che l’essere umano ha di non arrendersi alle aberrazioni della società, ma anche il bisogno di percorrere una strada che porti a migliorarsi anziché il contrario (come fatto dai Ripugnanti).
E il viaggio di Deacon è la rappresentazione concreta di questa battaglia, un viaggio durante il quale l’uomo viene messo diverse volte alla prova e a cui vengono dati mille motivi per mollare. Eppure, lui non cede, supera ogni sfida, ogni tortura, ogni trappola, perché la sua missione è dimostrare che la speranza non è mai riposta in vano. Nemmeno in un mondo dominato dai furiosi.
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DIECI CURIOSITA' SU "DAYS GONE"
Days Gone è un videogioco talmente sfaccettato e pieno di sorprese che durante la sua produzione sono state fatte scelte particolari e sono accaduti episodi molto curiosi e interessanti.
Di seguito ho elencato le dieci migliori curiosità riguardo il videogioco targato Bend Studio.
1. Come sappiamo, il gioco è ambientato in Oregon, nella zona del Pacifico Nord-Occidentale degli Stati Uniti.
A detta dei produttori, la scelta è nata dalla volontà di sfruttare un luogo mai utilizzato nel mondo videoludico e perché ritenuto perfetto per acuire nel modo migliore i toni oscuri della trama.
Molte parti dell’Oregon, infatti, sono ricche di foreste, vulcani e crepacci, ideali per ambientarci una storia apocalittica.
2. Rispetto alle idee iniziali, il protagonista, Deacon St. John, ha subito diverse modifiche durante il processo di produzione, molte della quali apportate dopo aver ascolto il parere degli appassionati che chiedevano un personaggio più realistico possibile.
Inoltre, Deacon è interpretato dall’attore Sam Witwer, già visto in tv in Battlestar Galactica e Dexter e non nuovo al mondo dei videogiochi, visto che ha prestato la voce all’Imperatore Palpatine in alcuni videogames ispirati a Star Wars.
3. Uno dei punti di forza di Days Gone è l’estremo realismo della storia, cosicché in fase di produzione si è data notevole importanza alle sequenze filmate, molto curate e dettagliate, tanto che coprono circa il 20% del totale della durata del videogioco.
4. Days Gone ha “rischiato” di avere una componente multiplayer.
Prima del lancio del gioco, infatti, gli sviluppatori di World War Z, altro videogioco di zombie incentrato proprio sulla campagna multi giocatore, si sono proposti a Sony per occuparsi della componente multiplayer di Days Gone, ma si sono visti rifiutare l’offerta.
5. In una scena di Days Gone, Deacon si ritrova all’interno della stanza di un campus universitario piena di cadaveri e alle sue spalle si vede una lavagna su cui sono state apposte delle firme: sono quelle degli sviluppatori del videogioco.
6. Durante il videogioco, si può ottenere il trofeo “Orecchie di furioso”, raccogliendone 989.
Come confermato dagli stessi produttori, non si tratta di un numero casuale, ma di un preciso omaggio alla 989 Studios, una società sussidiaria della stessa Sony prima che questa diventasse Bend Studio.
7. Completando la missione “Caccia alla Nero”, il videogiocatore potrà ottenere un’arma speciale, ovvero uno particolare tipo di taser su cui è riportata la scritta “GL”. Si tratta di un omaggio all’agente Gabriel Logan del videogioco spara tutto Syphon Filter.
8. Durante le sue avventure nell’Incubo, Deacon può raggiungere una casa che, secondo molti fan, sarebbe la stessa dove Ellie, personaggio di The Last of Us, suona la chitarra in una scena del videogioco.
Alcuni indizi avvalorerebbero questa ipotesi, perché dentro una stanza di questa casa si trova una chitarra acustica, alcune macchie di sangue e dei detriti, esattamente come in alcune immagini viste nel trailer di The Last of Us 2.
9. Un altro omaggio al mondo videoludico riguarda Red Dead Redemption, perché una delle missioni che Ada Tucker affida a Deacon è di catturare un tale di nome Richard Mardson, consegnando come prova il suo cappello da cowboy. Il nome si ispira, con tutta probabilità, al John Marston di Red Dead Redemption.
10. Infine, visto che sia Deacon che Boozer fanno parte di una banda di motociclisti, non poteva mancare l’omaggio alla serie cult Sons of Anarchy.
Per accompagnare il viaggio dei due verso Lost Lake, l’accampamento di Iron Mike, è stato, infatti, scelto il brano “Soldier’s Eyes” di Jack Savoretti, già utilizzato nella serie tv.
I FURIOSI: UNA NUOVA STIRPE?
I furiosi, traduzione italiana del termine “Freakers”, sono i principali antagonisti dei personaggi di Days Gone, oltre che i nuovi padroni del mondo distrutto dall’Apocalisse.
Sono il frutto della misteriosa pandemia che, in circa due settimane, ha trasformato buona parte della popolazione mondiale in famelici e feroci cannibali.
UNA NUOVA STIRPE: Nell’universo narrativo di Days Gone, i furiosi vengono presentati come la nuova “razza” che ha conquistato la Terra, grazie alle straordinarie capacità che il virus stesso gli ha garantito: forza, velocità e agilità sono decisamente superiori a quelle di un normale essere umano.
Il loro aspetto fisico sembra la conseguenza di una vera mutazione genetica: la pelle è pallida e cosparsa di piaghe e non c’è più traccia di peli sul corpo, ma il cambiamento principale è l’involuzione a uno stato primordiale che li spinge a muoversi spinti dal primario bisogno di nutrirsi.
Tuttavia, non per tutti questa mutazione sembra aver seguito la stessa strada, così nell’Incubo ci si può imbattere in diverse tipologie di furiosi: ci sono quelli “erranti” che si aggirano, anche in modo solitario, per le strade, sempre a caccia; ci sono i “grigi” che sono poco più evoluti degli erranti; le cosiddette “larve”, ovvero gli adolescenti trasformati, agili come scimmie e veloci come gazzelle, ma che, rispetto agli altri, attaccano soltanto quando si sentono in pericolo; le “sirene”, una tipologia del tutto particolare di furioso, perché considerate delle vere e proprie sentinelle (soltanto di sesso femminile) che sembrano avere il preciso compito di segnalare la presenza di essere umani per far accorrere i loro simili; poi ci sono i “colossi”, dei giganti in possesso di una forza e di una ferocia oltre ogni immaginazione, visto che fanno a pezzi chiunque gli capiti sotto tiro, perfino gli altri furiosi.
Infine, ci sono i furiosi più evoluti, ovvero “i bianchi”, così chiamati perché albini e che hanno una resistenza molto più elevata rispetto agli altri, oltre che infliggere molti più danni. A questi si dovrebbe aggiungere un’altra tipologia che, però, non può essere analizzata per non incappare in pericolosi spoiler sulla storia del videogioco.
SONO DEGLI ZOMBIE?: La prima reazione che molti hanno avuto di fronte alle prime immagini di Days Gone è stata l’impressione di trovarsi davanti l’ennesimo videogioco di zombie.
Tuttavia, se c’è una cosa che il mondo videoludico ci ha insegnato, è la sua straordinaria capacità di rilettura e di innovare cliché come, appunto, quello del classico zombie. Basti pensare a capolavori come The Last of Us o alla serie di Resident Evil per capire come, nei videogiochi, difficilmente ci troviamo di fronte personaggi visti e rivisti e, in questo senso, Days Gone non fa eccezione.
Lavorando su una storia horror-apocalittica, Bend Studio ha proposto un canovaccio che strizza sicuramente l’occhio a serie tv e vecchi film di genere, ma ha anche puntato a proporre dei personaggi che potessero dare nuova linfa al filone, ringiovanendolo.
In questo senso, i furiosi hanno un ruolo centrale, perché se il protagonista può riportare alla mente personaggi già visti (in molti hanno tentato un parallelismo con il Daryl di The Walking Dead), questa nuova stirpe di mostri cambia decisamente rotta.
Gli zombie, infatti, sono soltanto dei lontani cugini, i cadaveri ambulanti che si spostano lenti e impacciati spinti da un primordiale bisogno di nutrirsi, ora sono una civiltà senziente e capace di aggregarsi in orde e sciami che possono arrivare a 500 unità e che si muovono secondo schemi precisi.
I furiosi non sono poi così diversi da ciò che erano prima che il virus li trasformasse, perché spesso presentano gli stessi limiti degli esseri umani, ma dentro di loro sembrano possedere un nuovo bagaglio genetico che ne fa, a ragione, il futuro del mondo.
DINAMICHE DI COMPORTAMENTO: È soprattutto il comportamento che fa dei furiosi una nuova stirpe, perché da un lato seguono, in linea di massima, le abitudini che avevano da essere umani, mentre dall’altro sono in possesso di capacità che di umano non hanno nulla.
Agiscono in modo solitario, attaccando chiunque (umano o animale) passi nelle vicinanze, ma “pensano” anche ad allertare gli altri simili presenti nelle vicinanze; si aggregano in gruppi di centinaia e centinaia, le famigerate orde che si muovono lungo un territorio stabilito, controllandolo e difendendolo.
Su questi autentici branchi non si spiega molto durante la storia, ma si può intuire come il loro sia un vero comportamento organico, sia basato su qualche tipo di rapporto psichico tra ogni furioso che, più probabilmente, su un subconscio che, in loro, ha lasciato qualche traccia della vita precedente.
Soltanto in questo possono essere paragonati ai classici zombie di George A. Romero che si radunavano davanti al centro commerciale spinti dai ricordi della vita passata, ma diversamente da loro, non sono morti che camminano, ma esseri in qualche modo senzienti, seppure a uno stadio molto primitivo.
Le orde, infatti, si muovono seguendo precisi schemi, come fossero un gregge, pattugliano il proprio territorio e vanno a caccia insieme, scegliendo dei posti precisi a seconda del momento della giornata: la notte, per esempio, è più facile trovarle presso i laghi dove si abbeverano, mentre di giorno tendono a rimanere nelle grotte, in uno stato di ibernazione o di riposo.
Inoltre, chi ha giocato a Days Gone, sa che il comportamento dei furiosi è condizionato anche dal luogo in cui si trovano, proprio come succede a un essere umano: quando piove, per esempio, i loro sensi paiono attenuarsi, per cui ci sono maggiori possibilità di non essere visti o “annusati”, mentre quando nevica soffrono la minore visibilità, ma il freddo sembra aumentarne le energie e la forza.
PUNTI DEBOLI: Gli appassionati di Days Gone sanno bene che i furiosi non hanno molti punti deboli, soprattutto quando sono in gruppo.
La loro capacità di scovare la presenza umana, grazie ai sensi acuiti come nei migliori predatori, è un costante pericolo per ogni sopravvissuto.
Inoltre, sembra che non soffrano il dolore come gli zombie, per cui anche se mutilati, il loro irrefrenabile istinto di caccia li porta ad attaccare senza alcuna paura.
Tuttavia, è noto anche che a caratteristiche diverse corrispondano furiosi diversi e, quindi, proprio come accade tra gli esseri umani, non sempre si va d’amore e d’accordo.
Come già scritto, esistono dei forti contrasti anche tra furiosi stessi, il caso dei colossi è quello più evidente e l’unica spiegazione valida potrebbe essere la varietà delle mutazioni del virus, responsabile di questa diversità di tipologie e dei rapporti tra furiosi.
Come confermato anche da O’Brian, durante uno dei suoi tanti incontri con Deacon, sarebbero state scoperte ben dodici mutazioni del virus, ognuno responsabile di un diverso tipo di furioso.
Da ciò si evince come l’unico punto debole che potremmo individuare in questa straordinaria figura antagonista è il proprio “residuo umano”, ovvero ciò che, dopo la trasformazione (o evoluzione, come la pensano i Ripugnanti) non li ha lasciati, come, appunto, certi comportamenti abitudinari che, soprattutto in sciame, li caratterizza.
"DAYS GONE 2": COSA MIGLIORARE NELL'EVENTUALE SEQUEL?
Days Gone è stato universalmente riconosciuto come un ottimo gioco, ma non privo di difetti. Si può definirlo un diamante grezzo che ha la possibilità di trovare la sua definitiva consacrazione nel tanto discusso e atteso sequel.
Tra gli appassionati non si parla d’altro e la trepidazione è palpabile, soprattutto a causa del finale che ha riservato parecchie sorprese, ma ha sollevato anche tante domande.
L’annuncio da parte di Bend Studio non è ancora arrivato, ma i rumors si susseguono senza sosta, anche perché alla Sony piace coltivare e curare i propri franchising e il successo di Days Gone ne ha confermato lo stato.
Visto che, come si dice, i sogni son desideri, tutti noi vorremmo che Days Gone 2 andasse a limare i problemi e i limiti del primo capitolo, tanto che ognuno, probabilmente, conserva una propria lista dei desideri in merito.
Qui di seguito, elenco la mia, sviluppata attraverso sette punti su cui, a mio avviso, Bend Studio dovrebbe andare a lavorare per migliorare il gioco.
I PERSONAGGI: Sui personaggi, soprattutto quelli principali, Days Gone ha detto tanto, ma considerata la vastità del mondo in cui si svolgono gli avvenimenti e i possibili sviluppi dell’epidemia, c’è bisogno di un ulteriore approfondimento, lasciando spazio alle primissime fasi dell’epidemia, di cui sappiamo davvero pochissimo.
La profondità e le tante sfaccettature che sono state date a Deacon e compagni in questo (si spera) primo capitolo, andrebbero sviluppate, utilizzando, magari, altri retroscena del loro passato, ma soprattutto raccontando i famigerati due anni trascorsi tra la separazione di Deacon da Sarah e l’inizio del gioco, indispensabili e decisivi nella costruzione della personalità dei protagonisti. Cosa sarà successo in quei 24 mesi?
I FURIOSI: I furiosi sono, di diritto, personaggi ineluttabili di Days Gone, una sorta di Thanos dell’Apocalisse. Per questo motivo, non solo meriterebbero maggiore spazio in un eventuale secondo capitolo, ma dovrebbero essere curati meglio.
Molti bug del gioco, infatti, sono legati proprio a loro, tra pose ridicole e comportamenti da veri “morti-dementi”. Una scelta interessante potrebbe essere dare meno rilevanza ai conflitti tra furiosi e umani e approfondire, invece, la storia dei furiosi stessi, il processo che li ha portati a divenire ciò che sono e a comportarsi in un certo modo, basti pensare alle orde e al legame “mentale” tra i furiosi che ne fanno parte.
Un altro elemento che andrebbe approfondito, dovrebbe essere la loro evoluzione, appena intravista con i “bianchi” e con quel finale di cui nulla si può dire senza spoilerare. Poi ci sono le sirene e i colossi… come mai sono così diversi dagli altri? Perché le sirene reagiscono in quel modo appena vedono un essere umano? Cosa erano prima di diventare dei mostri?
E perché i colossi disprezzato i “normali” furiosi, tanto da farli a brandelli o nutrirsene? I furiosi possono essere un materiale narrativo importantissimo per sviluppare il mondo di Days Gone, non resta che sperare che vengano sfruttati nel modo migliore.
LA MOTO DI DEACON: Passando a elementi più legati alla modalità di gioco, ci sarebbe bisogno di sfruttare meglio la moto.
Senza dubbio, è un elemento molto empatico e affettivo, sia per il legame che ha con il protagonista che per la possibilità di personalizzarla, trasformandola letteralmente. Per questo motivo, sarebbe anche giusto renderla perno della storia, lavorando, magari, sui combattimenti.
Eccezion fatta per gli assalti dei lupi, non si può mai pianificare una battaglia in sella alla moto, cosa che renderebbe il gioco molto più divertente e movimentato.
Ciò che vorrei è che la moto non fosse più soltanto un elemento decorativo del gioco, ma un vero fattore decisivo e, in questo senso, non ha davvero giustificazione l’assenza di un comando immediato per avere la visione di spalle mentre si corre con la moto.
Questo, a mio avviso, è uno dei difetti principali del gioco che non permette di godere di una visuale completa, per esempio, quando si scappa da un’orda.
VARIETA’ MISSIONI: Uno dei difetti che tanti giocatori hanno rimproverato a Days Gone è l’eccessiva ripetitività delle missioni, soprattutto quelle principali.
Alla lunga, si rischia di girare su se stessi, correndo da un accampamento all’altro, salvando questo e uccidendo quell’altro.
Inventarsi qualcosa di nuovo, gioverebbe alla longevità del gioco e ad attirare nuovi appassionati, tenendo, soprattutto, conto che l’open world offre potenzialità pressappoco illimitate (basti pensare ad altri giochi “simili” come Red Dead Redemption 2).
SCONTRI CON LE ORDE: Come detto, i furiosi sono elementi importantissimi all’interno di Days Gone e, in particolare, le orde rappresentano il motivo per cui molti giocatori hanno deciso di affrontare le avventura di Deacon e compagni.
Molti, addirittura, una volta che terminano il gioco, magari “platinandolo”, le riattivano per ricominciare, per cui è chiaro che siano da considerare un fattore da sviluppare e migliorare, alla base di un eventuale sequel.
Internet ci ha dimostrato che esistono tanti modi di affrontare un’orda, da kamikaze o da raffinati tattici della guerra, ma è innegabile che anche su questo aspetto Sony ha spazio per migliorare e sviluppare le dinamiche.
Per esempio, si potrebbe puntare maggiormente sugli elementi ambientali e sugli eventi atmosferici, oppure su nuovi modi di sfruttare la moto o le trappole e le armi.
Insomma, non si tratta soltanto di numero di furiosi o di livello di difficoltà, ma anche e soprattutto del come affrontare le orde.
BUG E GRAFICA: I bug sono stati delle vere spine nel fianco per Days Gone, se ne è parlato tanto sul web, a ogni giocatore è successo di tutto e di più e a poco sono serviti i costanti (e ingombranti) aggiornamenti messi a disposizione da Bend Studio per migliorare la giocabilità.
Da un lato, i bug sono stati motivo di divertimento e risate, dall’altro spunto per giudicare negativamente il gioco, per cui in un eventuale sequel, devono per forza essere ridotti al minimo, perché in ballo non c’è solo la bellezza del videogame, ma anche la credibilità della stessa casa di produzione.
Da questo punto di vista, andrebbero migliorati anche alcuni aspetti della grafica, legati, soprattutto, ai personaggi che, per esempio, indossano gli stessi vestiti per tutto il gioco.
Perché non inventarsi una sorta di guardaroba da cui scegliere l’uniforme più adatta a ogni missione?
SOPRAVVIVENZA: Infine, essendo un Open World, la sopravvivenza dovrebbe avere una maggiore rilevanza nelle avventure dei protagonisti.
Al momento, gli unici pericoli sono i nemici sparsi per l’Incubo, ma non si fa mai riferimento alla fame, alla stanchezza o alle conseguenze di una nevicata.
Perché non permettere a Deacon di costruirsi dei rifugi o di sfruttare meglio le ambientazioni che lo circondano?
Tutti, per dormire, siamo stati costretti a trovare un accampamento, percorrendo magari chilometri con la moto o, peggio, a piedi.
Pertanto, non sarebbe una cattiva idea migliorare le abilità dei personaggi, farli diventare dei veri McGyver in grado di cavarsela in ogni situazione.
Personalizzare gli accampamenti, costruirne di nuovi, reclutare addirittura i sopravvissuti che si salvano per strada. Le opzioni potrebbero essere davvero tante.
E voi, cosa ne pensate? Cosa vorreste che fosse migliorato nel tanto atteso Days Gone 2?
JAMES WEAVER
James Weaver è un tenente della Milizia della Contea di Deschutes.
È un chimico e il suo ruolo all’interno dell’accampamento di Wizard Island è di creare un’arma che possa distruggere le orde di furiosi.
Del suo passato, sappiamo che è cresciuto in una zona malfamata a nord-est di Portland, ma grazie a una mente curiosa e intelligente, ha ottenuto una borsa di studio al MIT dove si è poi laureato, con lode, in chimica.
Nel momento dell’esplosione dell’epidemia, Weaver lavorava presso una ditta di Portland ed è stato l’unico della sua famiglia a scampare alla distruzione e alle stragi dei furiosi.
Dopo essere stato arruolato da Garret nella Milizia, comincia subito le sue ricerche sull’arma anti-furiosi, riuscendo a costruire delle speciali molotov al napalm, anche grazie all’aiuto di Deacon.
LISA JACKSON
Lisa Jackson è una ragazzina miracolosamente scampata all’epidemia e in grado di sopravvivere da sola a Marion Forks, una delle località più infestate della zona.
Qui è rimasta barricata in casa sua, in attesa del ritorno dei suoi genitori, rifiutando perfino l’offerta di un amico di andare con lui e il padre in un rifugio.
Deacon si imbatte in lei dopo circa due anni dall’inizio dell’Apocalisse, mentre è alla ricerca di altri sopravvissuti da portare a Hot Springs.
La ragazza è traumatizzata dalla terribile esperienza che la costringe, tutti i giorni, a cercare rifornimenti, nascondendosi dai furiosi che infestano la zona.
Dopo aver faticato parecchio, Deacon riesce a convincere la ragazza a seguirlo all’accampamento di Ada Tucker, vicina di casa di Lisa, ma la psiche di quest’ultima è ormai compromessa e viene messa ancora più a dura prova dai campi di lavoro di Hot Springs.
Un giorno, durante un’uscita in missione, Lisa viene catturata dai Ripugnanti e Deacon decide di provare a salvarla di nuovo. Nel proseguo della storia, la ragazza ricoprirà un ruolo importante nel destino del protagonista.
ADDISONE "ADDIE" WALKER
Conosciuta da tutti come “Addie”, è un ex veterinario che vive a Lost Lake, l’accampamento gestito da “Iron” Mike.
Qui ricopre il ruolo di medico e vive una romantica storia d’amore con Rikki Patil. Riguardo al suo passato, sappiamo che è cresciuta all’interno di una famiglia molto religiosa che non ha mai visto di buon occhio la sua omosessualità.
La definitiva separazione tra Addie e i suoi genitori è, poi, avvenuta in seguito a una brutta discussione tra i suoi genitori e Rikki durante un pranzo del Ringraziamento.
Lasciata la casa paterna, Addie si traferisce in Oregon dove prende la specializzazione in veterinaria, in particolare nella cura degli animali domestici.
La rottura coi suoi genitori è un peso che Addie si porta dentro, un senso di colpa che si acuisce dopo lo scoppio dell’epidemia, come dimostra la cartolina che conserva e su cui i genitori hanno cercato di scusarsi con la figlia, senza, però, avere mai l’occasione di rivederla.
JAMES O'BRIAN
James O'Brian è un personaggio che, seppur a intermittenza, riveste un ruolo centrale nelle vicende di Days Gone.
È il giovane studente di medicina che, nel preambolo, accetta di portare via con l’elicottero Sarah, promettendo di prendersene cura e di provare a salvarla, ma è anche il misterioso “uomo mascherato” con cui Deacon si incontra diverse volte durante l’avventura.
È l’unico membro della NERO che viene a contatto diretto col protagonista, aiutandolo nelle sue ricerche, ma chiedendo a sua volta una collaborazione.
Non si sa nulla della vita precedente di O’Brian, tranne che si è “arruolato” nella NERO come volontario durante i primi giorni dell’epidemia e che, nei mesi successivi, è stato promosso a Tenente, entrando a far parte del team di ricercatori che si occupa dello studio dei furiosi.
O’Brian riveste un ruolo centrale nella ricerca che impegna Deacon, ma è anche importante per le rivelazioni riguardo i furiosi e le orde, vero pericolo costante nella vita dei sopravvissuti.
MATTHEW GARRET
Il colonnello Matthew Garret è il fondatore della Milizia di Deschutes County, nonché un ex leader militare degli Stati Uniti.
Fin dall’inizio, per mettere insieme il suo esercito, Garret non ha lesinato attacchi ad altri accampamenti o a strutture governative, a caccia di armi e rifornimenti, mostrando subito una personalità instabile.
Gli piace arringare le sue truppe con discorsi zeppi di retorica, autoesaltandosi e proponendosi come salvatore dell’umanità.
L’obiettivo della sua Milizia era, inizialmente, liberare il nuovo mondo dai furiosi, tanto da aver spinto alcuni scienziati (o presunti tali) reclutati nel tempo a studiare nuove armi per sterminare le orde che infestano la zona.
Tuttavia, le sue fanatiche opinioni religiose, lo portano presto ad adottare una visione del tutto distorta della realtà, trasformando la sua crociata in una guerra contro tutti gli altri sopravvissuti.
La sua base è l’isola-bunker di Wizard Island le cui grotte naturali formano la cosiddetta “Arca”, ovvero il luogo da cui Garret prova a far rinascere una nuova civiltà basata sulle sue discutibili convinzioni.
DERRICK KOURI
Derrick Kouri è il capo del campo profughi di Crater Lake e riveste il ruolo di Capitano all'interno della cosiddetta Milizia della Contea di Deschutes, nonché uomo fidato del Colonnello Garret, a capo della Milizia stessa.
Prima dell’Apocalisse, Kouri era sposato con una donna di nome Karie e prestava servizio presso l’Aeronautica degli Stati Uniti, all'interno del Comando aereo strategico.
Nel momento dello scoppio dell’epidemia, Kouri era in vacanza sulla costa occidentale degli Stati Uniti ed è riuscito a salvarsi, trovando ospitalità nell'accampamento di Silver Lake, prima che questo venisse invaso dai furiosi.
Questo è l’evento che lo spinge a unirsi alla Milizia, seppur non proprio in accordo con il progetto di Garret.
Quando incrocia il cammino con Deacon, Kouri si rende subito conto delle straordinarie abilità dell’uomo e lo convince a unirsi a lui, instaurando un rapporto di amicizia che lo porta ad allontanarsi sempre di più dalle posizioni fanatiche di Garret, alla ricerca di una vita diversa e più tranquilla.
MARK "COP" COPELAND
Mark Copeland è il capo dell’omonimo accampamento, situato sul Peaceful Lake e per cui Deacon svolge diverse missioni.
È un cosiddetto “teorico della cospirazione” che prova un profondo astio verso il Governo americano, considerato il vero responsabile della pandemia che ha portato alla fine del mondo.
Non si conosce molto del suo passato, tranne che era molto legato al padre, con il quale andava spesso a caccia e aveva costruito un rifugio antiatomico durante il periodo della Guerra Fredda.
Fu proprio lui a instillargli le prime idee cospirative, ma soprattutto uno sviscerato amore verso la propria patria e la costituzione americana, maltrattata dai piani segreti della classe politica. Da giovane, infatti, “Cop” ha servito il proprio Paese come membro del corpo della Marina Militare.
Inoltre, ha avuto un figlio di nome Christopher di cui, però, non si hanno notizie più dettagliate, tranne che viveva in un altro Stato e che tornava a casa durante la stagione della caccia per accompagnare il padre nelle battute.
Durante la crisi e prima del crollo di ogni difesa contro i furiosi, Copeland ha inaugurato un programma radiofonico, in onda su Radio Free Oregon, attraverso il quale esprime le sue convinzioni riguardo i motivi dell’Apocalisse.
All’inizio, lo ha fatto attraversando l’America a bordo di un furgone, fino a quando non ha costruito il suo accampamento. Tra le teorie complottistiche che porta avanti, la convinzione che l’infezione sia stata diffusa dallo stesso Governo americano.
Nel suo campo, l’uomo si prende cura dei sopravvissuti e accoglie chiunque abbia bisogno di aiuto, perché dietro il suo aspetto duro e rozzo, si nasconde un cuore tenero.
ADA "TUCK" TUCKER
Ada Tucker è il personaggio che gestisce il campo di Hot Springs, per il quale Deacon svolge alcune missioni.
Si sa poco della vita di “Tuck” prima dell’Apocalisse, giusto che svolgeva il ruolo di capo del reparto femminile di un penitenziario della zona e che è abbastanza anziana.
È una donna dal carattere molto forte, convinta che tutti, all’interno dell’accampamento, devono guadagnarsi da vivere in qualche modo.
Hot Springs, infatti, non è proprio un luogo accogliente, ma più un vero e proprio campo di lavoro, dove gli ospiti non hanno tempo di rilassarsi o annoiarsi, perché impegnati nelle tante incombenze per portare avanti il progetto di Ada.
Per questo motivo, non è ben vista dai sopravvissuti degli altri campi, in particolare da “Iron” Mike che la considera una donna cinica e senza scrupoli.
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"IRON" MIKE WILCOX
"Iron" Mike Wilcox è il leader dell’accampamento di Lost Lake. È nato nel 1941 ed è cresciuto nella Contea di Hodd River, nell’Oregon.
La passione del padre verso la geologia, lo porta ad appassionarsi e a diventare un tecnico forestale, gestendo anche le terre attorno alla catena delle Cascade.
Dopo aver vissuto per qualche anno da “biker” e aver conosciuto Jack, il futuro capo officina di Deacon, Mike sposa Elizabeth, donna con cui condivide la vita per trent’anni. La sua volontà di non avere figli, gli causa qualche tensione con la moglie che muore precocemente a causa di un tumore.
La perdita sconvolge Mike che dopo aver vissuto col cuore spezzato per molti anni, trova nell’epidemia scatenatasi, un motivo per tornare a sentirsi vivo e utile.
Si unisce, quindi, al gruppo di sopravvissuti di Sherman’s Camp, dentro cui, però, si formano presto delle fazioni rivali che ne causano la disgregazione.
L’epilogo è tragico, con una sparatoria in cui gli unici sopravvissuti sono proprio Mike e Nora. Questo tragico evento segna definitivamente l’uomo che, dopo aver sofferto per la perdita della moglie, si trova, di nuovo, a fare i conti con la morte.
La sua visione della vita, quindi, cambia, portandolo a ripudiare ogni forma di violenza e a cercare di promuovere una nuova mentalità cooperativa nel bene del genere umano. In poco tempo, Mike forma un nuovo gruppo di sopravvissuti che trovano nell’accampamento di Lost Lake una rinnovata casa.
Per un periodo, ne fanno parte anche Deacon e Boozer, ma presto i metodi fin troppo pacifisti di Mike, li portano a lasciare il posto per riprendere la loro vita di strada, con la minaccia di non farsi più rivedere.
Dopo diverso tempo, i loro destini si incrociano nuovamente e stavolta riescono a trovare un accordo per una convivenza utile per la sopravvivenza di tutti.
RIKKI PATIL
Rikki Patil è la vice di “Iron” Mike nell’accampamento di Lost Lake. È nata alla fine degli anni ’80 in una piccola città vicino Portland, nell’Oregon, ed è cresciuta insieme a tre fratelli maggiori e a un padre appassionati di meccanica.
Seguendo il loro esempio, Rikki si è presto avvicinata all’ingegneria e già all’età di 17 anni è stata assunta dalla Boeing, continuando gli studi per diventare ingegnere meccanico.
Rikki abbandona il tetto paterno molto presto per intraprendere una carriera lavorativa promettente, ma lo scoppio dell’epidemia la sorprende a centinaia di chilometri da casa.
La ragazza è, quindi, costretta a cercare un rifugio temporaneo, per poi provare a tornare a casa, nella speranza di ritrovare i suoi cari ancora vivi. Ciò che, però, l’accoglie è un cimitero a cielo aperto, una città devastata e strade bloccate fino alla costa di Willamette Valley.
Durante il suo pellegrinaggio, Rikki incontra Deacon e Boozer, ai quali si unisce nella battaglia contro una banda di Keermeejies a Tumalo.
Nonostante il feeling tra i tre, quando il gruppo arriva presso l’accampamento di Lost Lake, gestito da “Iron” Mike, Rikki decide di abbandonare la strada e di fermarsi, attratta dalla personalità e dai sogni dell’uomo, intenzionato a ripristinare una parvenza di civiltà.
Separata dai due compagni di viaggio, Rikki trova una nuova, importante, amicizia in Addison Walker, una veterinaria che ricopre il ruolo di medico all’interno dell’accampamento, tanto che tra le due nasce una storia d’amore.
WILLIAM "BOOZER" GRAY
William “Boozer” Gray è il co-protagonista di Days Gone, nonché amico fraterno di Deacon St. John.
Ex sergente d’armi del Mongrels Motorcycle Club, in cui Deek decide di entrare una volta tornato a Farewell, Boozer è nato alla fine degli anni ’70 ed è cresciuto ad Adrian, nell’Oregon.
Fin da bambino coltiva la passione per la caccia, grazie al padre che lo porta con sé durante le battute nei boschi circostanti, ma è lo zio che gli fa scoprire l’amore verso le moto, mettendolo in sella a una vecchia Dirt Bike.
Una volta adulto, Boozer comincia a lavorare come camionista e si sposa con Joany. La coppia vorrebbe acquistare una casa sul lago Berley, ma una notte rimangono coinvolti in un tragico incidente stradale causato da degli ubriachi, nel quale la donna perde la vita.
Per Boozer è un vero dramma personale, anche perché, sconvolto dalla rabbia, uccide alcuni dei responsabili dell’incidente. È proprio Deacon a salvarlo, mentendo a suo favore alla Polizia e risparmiandogli il carcere e l’accusa di omicidio.
La morte della moglie fa precipitare Boozer in uno profondo stato di depressione, durante il quale il whisky diventa il suo più fedele compagno, ma anche stavolta l’amico fraterno gli impedisce di farsi del male, dicendosi disposto a morire con lui e convincendolo a mollare la bottiglia e a ricominciare a vivere.
Il giorno del matrimonio di Deacon, Boozer è l’unico invitato, come anche la persona con quale Deek affronta l’esplosione dell’epidemia. I due sono inseparabili, si proteggono le spalle a vicenda, nella speranza di trovare un nuovo motivo per andare avanti, ma un giorno Boozer viene gravemente ferito, costringendo Deacon a cercare un modo per salvarlo ancora una volta.
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